Una domanda per il Ministro Bray: “qual è la bussola?” – Lo Stradone

Una domanda per il Ministro Bray: “qual è la bussola?”

Di seguito un interessante intervento del consigliere comunale Aldo Leggieri.

Il Comune di Martina Franca, l’amministrazione, l’intelligencija martinese assieme alle forze sociali hanno accolto giorni fa il nostro ministro pugliese ai Beni Culturali, Bray. E’ stato senza dubbio un evento importante, di estremo richiamo a favore della nostra città. Personalità di così alta levatura sono il segnale di come il dibattito in città per sensibilizzare i cittadini ad alcuni temi generali sia oggi strategico per il futuro di Martina. “Strategico”, così è stato scritto dalle istituzioni che oggi risiedono a Palazzo Ducale. Bene. Ma bisogna capire di cosa parliamo, qual è la bussola, qual è la strategia politica di questa Amministrazione. E mi spiego. I ministri della Repubblica per definizione, rappresentano le figure massime, a livello nazionale, nel portare avanti l’attività di governo esercitando una quota rilevante dell’attività delle potestà pubbliche della funzione esecutiva, nonché importanti poteri normativi. Gestendo le amministrazioni pubbliche nelle sedi centrali e periferiche dello Stato. E non parliamo soltanto di utilizzo di risorse economiche o di funzioni di riorganizzazione degli organismi burocratici. Insomma rivestono un ruolo di programmazione, attuando la propria “politica” verso i governati. Il ministero per la Cultura, normalmente per definizione, ha l’onere e l’onore di giocare (nel significato ermeneutico francese) pertanto di “recitare” un ruolo ancora più significativo. Le politiche culturali.

Il ministro, nelle sue dichiarazioni di domenica scorsa, ha affermato che lavorerà per dare un riconoscimento ancora più importante al celebratissimo Festival della Valle d’Itria, e ha confermato di sostenere la società partecipata dal nostro Comune, la Fondazione Paolo Grassi. Che si distingue da tempo in città e nel territorio per il lavoro aperto e di ricerca delle arti e per la presentazione di progetti sempre innovativi che puntualmente si presentano sempre ai primi posti nelle graduatorie regionali per essere finanziati.

Al ministro però avremmo chiesto e cercato di strappare qualche risposta anche in riferimento ad altri obiettivi da raggiungere. E mi riferisco al riconoscimento della nostra Valle come patrimonio mondiale dell’Unesco, considerando il voluminoso carteggio di delibere, atti d’indirizzo, mozioni, ordini del giorno approvati dalle nostre istituzioni nelle sedi comunali e regionali fino a ieri. O ottenere delle risposte sulla salvaguardia del polo universitario jonico, come luogo culturale ed educativo di rilancio delle nostre cittadinanze su cui alcuni rappresentanti jonici da tempo stanno battendo cassa in sede di bilancio regionale. O la rimessa in discussione del decreto del ministero dello Sviluppo Economico che pare abbia escluso Taranto come zone franca urbana e che vede la regione Puglia un po’ confusa su una corretta risoluzione. Insomma temi non proprio del Mibac ma che sono discussi per essere condividi o meno nelle sedi dicasteriali.

Per la questione centrale sulla valorizzazione dei beni architettonici e storici del nostro patrimonio locale, e sulla volontà di cooperare per incentivare il partnerariato pubblico-privato, bene il sindaco e l’assessore al ramo che hanno riscontrato una piena sintonia con la visione del ministro. Perché la grande sfida del nostro tempo e per il nostro territorio, è riuscire a fare il salto di qualità. Creare le condizioni per cui dal nuovo rapporto beni culturali-fruizione-identità si possa arrivare alla possibilità di fare impresa. Ed è un terreno importante.
Perché da decenni la politica ha snobbato i beni culturali. Li ha relegati a tema da addetti ai lavori, commettendo un errore gravissimo. E oggi paga le conseguenze di questo atteggiamento miope. Si è formata una classe dirigente tra sovrintendenze e affini che, sia pure con lodevoli eccezioni, non appare all’altezza di traghettare il sistema culturale italiano nell’era digitale e nella società della comunicazione. E non è soltanto un problema di poste di bilancio esigue, che sfiorano l’imbarazzo se non lo sdegno, vista la storia del nostro Paese. Ma se è vero però che la responsabilità della comunità politica è stata in passato evidente, non si può far finta di nulla di fronte ad un mondo che viaggia velocissimo mentre il sistema delle sovrintendenze è inchiodato ad un modello centralista e burocratico di Stato che poteva forse andar bene nella metà dell’Ottocento. Nel senso che non di sola conservazione si può vivere.

Abbiamo invece bisogno di valorizzare la “fruizione” della bellezza e di provare a generare una nuova dimensione sociale fra e per i cittadini. Che contribuiscono a mantenere l’elefantiaco stato italiano e non mandarlo direttamente in default. Ma sulle politiche fiscali improduttive mi esprimerò più in là. Dicevo: bisogna osare. Chiedere al ministro pugliese che tipo di iniziative concrete metterà in campo. Per il cambiamento vero. Le persone di Martina lo vogliono sapere.

Aldo Leggieri (Consigliere comunale)