Primarie, la competizione fa bene – Lo Stradone

Primarie, la competizione fa bene

Riescono, le primarie del centro-sinistra. Per due motivi. Innanzi tutto per la partecipazione, considerevole. Certo è inferiore di oltre un milione a quella del 2005. Allora tuttavia le regole erano assai più lasche: la mobilitazione è stata comunque molto ampia e capillare, per tutta la lunga campagna, oltre che nel giorno delle votazioni. In secondo luogo riescono perché la competizione è vera e innesca un secondo turno di ballottaggio, che metterà a confronto diretto due punti di vista, due generazioni, due modalità. Il segretario Bersani parte con un vantaggio di quasi dieci punti ma lo sfidante Renzi è molto motivato.

Del resto la competizione fa bene a qualsiasi istituzione, purché sia disciplinata e costruttiva. I partiti hanno bisogno di essere ri-legittimati e trasparenti, tutti, in attesa che sia finalmente attuato l’articolo 49 della costituzione. D’altra parte le elezioni primarie sono state inventate dal partito democratico (americano, of course) e si sono tenute per la prima volta nella contea di Crawford in Pennsylvania – correva l’anno 1842 – proprio per legittimare le leadership, far partecipare gli elettori alle scelte del partito e tenere la competizione dentro il partito ed evitare scissioni.

Non a caso sulle primarie si sono puntati gli strali polemici del leader del M5S Beppe Grillo e l’attenzione di Berlusconi, alle prese con il ricorrente interrogativo sul suo futuro in politica, e più ampiamente del centro-destra in difficile transizione.

In effetti sulla strada delle elezioni, che sembrano in calendario prima di Pasqua, una volta risolta la leadership dell’alleanza di centro-sinistra e dunque determinata la sua configurazione, che dipenderà anche dall’esito del ballottaggio, si potrà cominciare a diradare la fitta nebbia su alcune altre essenziali questioni.

La prima, ovviamente, è la legge elettorale, per cui i tempi si contraggono. La seconda è sull’offerta politica complessiva. Il risultato delle elezioni primarie infatti rilancia l’interrogativo che, senza risposta, da tempo circola: quali spazi e possibilità ci sono in Italia per un bipolarismo virtuoso, che, con approssimazione, ma con espressione evocativa viene definito di tipo europeo? Oppure non siamo piuttosto nella condizione greca, di forze politiche gracili, premute e costrette alla coabitazione da un combattivo e diversificato fronte di protesta?

Risalta comunque, anche dalle primarie, un dato confortante. Gli italiani ci tengono alla politica. Per questo sono esigenti: chiedono, ai partiti e ai leader, di fare bene il loro mestiere. Così come il consenso, infatti, la protesta e la sanzione sono forme di partecipazione: altro che antipolitica.

Allora, in vista delle elezioni generali, ricordino tutti di presentarsi con un bilancio di cose fatte e di promesse mantenute e non solo di buoni progetti. In particolare sulle questioni più sensibili, che sappiamo tutti quali sono: quelle che toccano il borsellino e i tanti, troppi sprechi.

Francesco Bonini
Agensir