“Se continua così gli asini muoiono tutti”. Questa preoccupata considerazione è di due lavoratori dell’azienda Russoli. L’hanno riportata al loro avvocato che a sua volta l’ha girata al cronista. I due lavoratori, marito e moglie, hanno portato in tribunale la Regione Puglia; il loro legale, il martinese Francesco Terruli, ha chiesto all’autorità giudiziaria un provvedimento d’urgenza per questa vertenza di lavoro. Se ne discuterà lunedì prossimo 23 febbraio. Non percepiscono lo stipendio, i due lavoratori, dal gennaio 2008. In totale, si va dunque oltre i 20 mila euro.
Ma si scopre, parlando di questa vicenda, che la vertenza di lavoro è la punta dell’iceberg di un procedimento quanto meno contorto e comunque preoccupante, per la sorte di centinaia di esemplari di asino di Martina Franca. L’azienda agricola Russoli, che si trova in territorio di Crispiano, è di proprietà della Regione Puglia: lì è istituito il centro per la conservazione del patrimonio genetico dell’asino di Martina Franca gestito, sin dalla sua costituzione (1981) dal Corpo forestale dello Stato, oggi ufficio territoriale per la biodiversità (sede in Martina Franca).
Nel 2005, la Regione deliberò di stabilire che l’azienda agricola Russoli assolve a funzioni istituzionali di carattere regionale, data proprio la preservazione della razza asinina di Martina Franca, costituendo patrimonio regionale. Ma un anno dopo, il settore demanio e patrimonio della Regione Puglia revocò la convenzione con l’ufficio (pubblico) per la biodiversità e affidò ad una società privata, a capitale sociale di 10 mila 500 euro, un patrimonio aziendale (Russoli appunto) da “almeno 3 milioni di euro” dice Terruli. Quale criterio? Quale procedura seguita? E per farne cosa?
Magari i migliori intendimenti al mondo. Ma le conseguenze, al momento, sono terribili. Per i due lavoratori, marito e moglie, che si trovano senza stipendio da gennaio 2008 e che devono tirare avanti una famiglia con quattro figli; e per il patrimonio asinino, di cui tanto si chiacchiera quale fiore all’occhiello del territorio, quale patrimonio da tutelare a ogni costo, ma che nei fatti è piuttosto malconcio, attualmente, a Russoli.
Infatti (ed è scritto anche nella citazione di Terruli) gli asini, circa 200, che si trovano lì, sono in condizioni nutrizionali non buone; nessuno dalla Regione provvede all’invio con tempestività di foraggio, mangime, ecc. (Regione che poi paga il conto. Ma non aveva dato in gestione? E perché si disinteressa prima, per pagare poi?); e nei giorni scorsi è perfino venuta meno l’erogazione di acqua, causa un guasto all’impianto elettrico, e se non ci fossero stati quei due lavoratori (non pagati da gennaio 2008) a riempire gli abbeveratoi a furia di versarci dentro l’acqua raccolta con i secchi, sarebbe stata tragica per gli asini che sarebbero morti di sete.
Per la verità, un asino è morto di stenti nei giorni scorsi, come hanno denunciato ai carabinieri quei due lavoratori: impantanato in una pozza di fango, senza avere la forza di uscirne. Questa è la situazione. Frutto di una scelta regionale tutta da capire, e che al momento ha prodotto per quei due lavoratori l’assoluta mancanza di un referente (la Regione non ha informato i due lavoratori della scelta di cambiare gestore) e per la masseria Russoli, uno stato di abbandono che i due lavoratori non pagati cercano di evitare più che possono.
E per gli asini c’è il rischio concreto di una moria. Per i pregiatissimi asini di Martina Franca, vanto del nostro territorio nel mondo. E che però sono a gravissimo rischio di estinzione, basterebbe dare un’occhiata alla classificazione Fao, “grado di rischio critico”, legata al numero di esemplari di asino di Martina Franca esistenti al mondo, al numero di fattrici e alle pochissime famiglie da cui discendono questi esemplari, tanto che per la gran parte della popolazione asinina di Martina Franca portatrice di geni unici, si è ormai prossimi all’età post-riproduttiva. Insomma, andava e va fatto ogni sforzo per organizzare il servizio di tutela e incremento di quella razza asinina, ma la storia recente dell’azienda Russoli appare come un gravissimo segnale contrario. E la classe politica, interessata (se non protagonista) ormai da anni da questa storia, ancora non ha preso nessun provvedimento decisivo. L’approdo in tribunale di una vertenza di lavoro che è a margine di questa situazione, indurrà finalmente qualcuno a occuparsi della vicenda?
Agostino Quero
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno