Tragedia e coscienza nel decimo anniversario dell11 settembre – Lo Stradone

Tragedia e coscienza nel decimo anniversario dell11 settembre

Il dialogo in Italia deve compiere un passo decisivo: abbandonare la strada delle buone ma astratte intenzioni e cominciare a entrare nelle “case” dei nostri vicini immigrati per conoscere le loro provenienze geografiche, apprendere le loro tradizioni culturali, esplorare le loro fedi religiose. A fare il “punto” sul dialogo interreligioso in Italia è Paolo Branca, docente di lingua araba all’Università Cattolica di Milano.

Come è cambiata la storia dall’11 settembre 2001?
“È cambiata molto e da molti punti di vista. L’evento è stato drammatico e scioccante ed ha rivelato un grande stato di malessere soprattutto all’interno del mondo musulmano. Gli attacchi erano mirati non certamente alla conquista degli Stati Uniti ma a destabilizzare la situazione interna di vari Paesi musulmani da parte di gruppi che volevano l’affermazione di un Islam radicale. Sono poi cambiati gli equilibri strategici internazionali. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica mancava una specie di controparte al blocco occidentale per cui nell’immaginario collettivo l’Islam è diventato un po’ il grande nemico contro cui vigilare. E poi l’11 settembre ha inciso sulle dinamiche quotidiane nella percezione dei musulmani e delle moschee, questa realtà nuova che con l’immigrazione è entrata a far parte della nostra vita quotidiana ma di cui non eravamo abituati. Una presenza che si è fatta sentire anche nel nostro territorio e che con l’11 settembre si è caricata di elementi di sospetto e di paura”.

Quindi si può dire che con l’11/09 è esplosa in Italia la “questione” dell’altro?
“Ci saremmo comunque arrivati nel giro di poco tempo. Gli studi sociologici affermano che quando la presenza di stranieri e immigrati giunge al 10% della popolazione, i meccanismi di paura e rifiuto scattano comunque. Certamente l’11 settembre ha accelerato i tempi e non avendo mai avuto una politica definita e chiara su questi temi e nemmeno la percezione che stavamo diventando una società multiculturale e multireligiosa, l’11 settembre ha favorito un clima quanto meno di sospetto. Un’accelerazione purtroppo favorita anche in forza al sensazionalismo di una comunicazione che ha generato una reazione emotiva dominata dalla paura e questo non ha incoraggiato a cercare invece di capire e conoscersi meglio. Ma si sa: distruggere è molto più facile che costruire”.

Fonte: Agensir