Giovanni Paolo II, era proprio così – Lo Stradone

Giovanni Paolo II, era proprio così

È una sorta di avvocato difensore di uno degli uomini più amati del Novecento mons. Slawomir Oder, chiamato il 13 maggio 2005 dal vicario per la diocesi di Roma, card. Camillo Ruini, ad assumere l’incarico di postulatore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II. Lo abbiamo intervistato.

Mons. Oder, lei aveva già seguito un altro processo di beatificazione, quello del martire polacco Stefan Frelichowski ucciso dai nazisti, ma sentirsi affidare dal card. Ruini l’incarico di seguire il processo di canonizzazione di papa Wojtyla non è stata proprio la stessa cosa…

“Quando il card. Ruini mi chiamò per affidarmi il compito fui letteralmente scioccato, prima ancora che sorpreso. L’ho interpretato come un segno della Provvidenza e, all’iniziale emozione e trepidazione, è ben presto subentrata la gioia. Seguire il processo di una persona così nota e così amata a livello mondiale, così grande dal punto di vista spirituale e umano mi ha caricato di un’enorme responsabilità. E non sono mancate le difficoltà anche da un punto di vista emotivo”.

Essere polacco come il Papa è stata una responsabilità in più?

“La mia vita sacerdotale dipende anche da queste origini comuni: a seguito della sua elezione, nel 1978, io ritardai la mia entrata in seminario perché non volevo farlo sull’onda dell’entusiasmo collettivo che si era impadronito della Polonia. Più che di responsabilità maggiore, parlerei di gioia doppia proprio perché sono polacco”.

Ha sentito la pressione mediatica e dei fedeli durante il suo lavoro?

“Sì e da parte di moltissima gente, ma il processo è andato avanti con tranquillità. La stampa, di tanto in tanto, senza alcun fondamento annunciava qualche data per la conclusione del processo, ma in realtà il cammino canonico ha seguito i tempi di Dio e il miracolo è arrivato quando Dio lo ha ritenuto giusto. Lo stesso Benedetto XVI, quando volle conoscermi all’inizio dell’incarico, disse: ‘Fate presto, ma bene, in modo ineccepibile!’ e quella raccomandazione è stata per me una sorta di parola d’ordine che mi ha accompagnato in questi anni”.

Perché Benedetto XVI non ha avuto alcun dubbio nel concedere la dispensa dalla regolamentare attesa dei cinque anni dalla morte per l’avvio della causa di beatificazione?

“Per tre motivi: la fama di santità, che ha accompagnato la figura di Giovanni Paolo II ancor prima d’iniziare il processo vero e proprio, l’iniziativa dei cardinali che, nel 2005, al momento di ritirarsi in Conclave per eleggere il suo successore, chiesero per iscritto l’inizio della causa, e la convinzione personale di Benedetto XVI, che – essendo stato il suo collaboratore più stretto – sarebbe diventato per diritto il testimone chiave del processo”.

Ha scoperto cose nuove su Giovanni Paolo II?

“No, non sono emerse cose strepitose. Nel senso che Wojtyla era proprio così come lo abbiamo conosciuto”.

E un aspetto particolare che l’ha colpita?

“Rendersi conto, giorno dopo giorno, testimonianza dopo testimonianza, della sorgente da cui proveniva la sua straordinaria generosità nell’agire: il rapporto con Cristo. Ecco, ciò che mi ha colpito di più è stato questo aspetto mistico di Giovanni Paolo II: un uomo che viveva la presenza di Dio e che si lasciava guidare dallo Spirito Santo, in dialogo costante con il Signore”.

“Sono Papa perché vescovo di Roma”. Giovanni Paolo II si sentiva più vescovo che Papa?

“Direi che si sentiva soprattutto sacerdote. Anche se ha sempre avuto un interesse particolare per la sua diocesi”.

Benedetto XVI ha fatto un grande dono ai giovani dichiarando Giovanni Paolo II uno dei patroni della prossima Giornata mondiale della gioventù a Madrid…

“Sì, ed è stato un bel pensiero da parte di Benedetto XVI, che ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II, ormai ottantenne, a chi gli chiedeva cos’è la gioventù? ‘La gioventù – ripeteva Wojtyla – non è solo un periodo della vita corrispondente a un certo numero di anni, è anche un tempo dato dalla Provvidenza ad ogni uomo, durante il quale egli cerca, come il giovane ricco del Vangelo, la risposta agli interrogativi fondamentali; non solo il senso della vita, ma anche un progetto concreto per cominciare a costruire la propria vita’. E ancora: ‘Non ho inventato le Giornate mondiali dei giovani. Sono stati i giovani a crearle. Non è il Papa che porta i giovani da un estremo all’altro del globo terrestre. Sono loro che ce lo portano'”.

Fonte: Agensir