C’è un solo luogo dove l’effimero si fa storia, il pettegolezzo diventa documento, e la fugacità di un attimo si cristallizza in un’icona: l’obiettivo di Rino Barillari. Il fotografo romano, universalmente noto come il “Re dei Paparazzi”, è il protagonista di una mostra allestita nelle suggestive sale del Palazzo Ducale di Martina Franca. L’esposizione si inserisce nel programma celebrativo del secondo anniversario della Fondazione Insigniti Ordine al Merito della Repubblica, onorando un maestro che ha saputo elevare il reportage mondano a cronaca sociale.
Per decenni, il nome di Rino Barillari è stato sinonimo di “Dolce Vita”, di scatti rubati in via Veneto, e di un’epoca irripetibile in cui la sua macchina fotografica era tanto temuta quanto cercata. Oggi, le sue immagini non raccontano solo i divi, ma un pezzo cruciale di costume e storia italiana.

Barillari, con l’energia di un eterno ragazzo, ha riflettuto sul suo mestiere in un’epoca radicalmente trasformata dal digitale e dalla comunicazione istantanea. La sua concezione di fotografia è rimasta immutata, un atto di caccia, un’azione guidata dalla ricerca dell’esclusiva.
«In questo momento – spiega Barillari – anche il telefonino è importante. Di notte, in un ristorante, un personaggio, un politico, o un attore, un’attrice, seduti, quella foto è importante perché esclusiva». E a riprova del valore intrinseco di un’immagine unica, l’affermazione perentoria: «Quando è uno scatto esclusivo, vale più di quattro cartelle scritte».

ROMANOFF SONIA E RINO BARILLARI
La sua etichetta di “Re” arriva da lontano, un soprannome ereditato in parte da un collega e in parte da Fellini. Barillari però non si adagia sul titolo e con umiltà aggiunge: «non mi sento il primo fotografo d’Italia».
Oggi, il mestiere del paparazzo è un percorso a ostacoli, tra l’invasione dei mezzi moderni e l’accresciuta blindatura delle celebrità. Il vero sapore della vittoria, per Barillari, risiede proprio nel vincere la resistenza. «La foto più preziosa – dice – è quella che non vogliono che venga scattata».
Il suo obiettivo non si è mai limitato solo al glamour. Le sue dichiarazioni rivelano una profonda passione per la fotografia di reportage sociale e politico, laddove l’immagine ha un peso specifico nel dibattito pubblico.

La mostra di Martina Franca è anche un promemoria del vero valore del lavoro di Barillari, ovvero l’archivio. Le sue fotografie non sono semplici scoop, ma prove inconfutabili di un’epoca. Non è solo un omaggio a un’eccezionale carriera, ma la riaffermazione di un principio fondamentale del giornalismo visivo. L’immagine come prova, l’esclusiva come traccia indelebile nella storia del nostro Paese. Le sue fotografie ci ricordano che il “Re dei Paparazzi” non ha solo inseguito celebrità, ma ha documentato l’anima mutevole dell’Italia.
o.cri.
