Sono serviti sei anni alla Regione per realizzare il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale (PPTR), ma solo agli inizi del mese di agosto la Giunta Regionale della Puglia ha adottato il provvedimento. Ora la parola passa alle osservazioni che dovranno essere presentate entro il 5 di novembre, ma quel Piano così com’è non piace quasi a nessuno. Anche a Martina Franca gli ordini professionali si stanno interrogando su quale sarà il futuro della città. Il prossimo martedi 10 settembre c’è un Consiglio Comunale con all’ordine del giorno la Rigenerazione Urbana.
Il PPTR predispone per i territori perimetrati specifiche normative d’uso e la Rigenerazione non potrà non tenerne conto. E stiamo parlando di quella Rigenerazione Urbana presentata dall’Amministrazione comunale e rispedita al mittente. Il tentativo dell’Amministrazione comunale è fallito a seguito degli incontri partecipativi (previsti per legge) da cui sono scaturite tutte una serie di osservazioni che bocciano l’azione dell’Amministrazione Ancona così come impostata dall’Arch. Michele Sgobba.
Come è possibile trovare un punto di incontro tra PPTR e Rigenerazione Urbana? È questa la domanda alla quale è necessario che la politica trovi un’opportuna risposta e sulla quale ma maggioranza al governo comunale dovrà fornire opportuno indirizzo programmatico.
Secondo i tecnici, il Piano Paesaggistico Territoriale, essendo stato realizzato con lo strumento delle ortofoto non descrive funzionalmente le caratteristiche del territorio. In estrema sintesi e volendo semplificare estremamente il concetto è stata scattata una foto dall’alto ad un territorio. Una volta individuate le macchie verdi della vegetazione, queste sono state classificate come boschi, con tutti i vincoli edilizi che ne conseguono in termini di mancata o limitata trasformazione. Volendo rendere ancora più semplice il concetto (senza allontanarci troppo della realtà) succede che una semplice pineta venga classificata come bosco. Martina è piena di questi casi. Risultato: il blocco totale dell’edilizia e della relativa economia.
Quello che viene messo in discussione, quindi, è il diritto e l’esercizio dello ius aedificandi, ovvero della possibilità per un titolare di un suolo di costruire. In teoria non ci sarebbe nulla di male nel negare permessi a costruire, ammesso che quel diniego serva a garantire un diritto ritenuto superiore oppure in danno della collettività. Per spiegare meglio questo concetto si riporta di seguito un passaggio tratto dal Compendio di diritto urbanistico (Fiale), che recita testualmente:
Il T.U. 380/2001 definisce permesso di costruire il provvedimento legittimante le trasformazioni urbanistiche ed edilizie […] Il Consiglio di Stato, in proposito, aveva suggerito di “adottare un termine che per un verso denoti una recessione del diritto del proprietario e che per converso non disconosca la funzione sociale del diritto a edificare, affermata dalla Costituzione (Art.42 I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti). Un termine, cioè, che lasci intendere che lo iusaedificandi non discende dall’autorità che lo concede, essendo connaturato alla proprietà (o diritto equipollente), ma che al tempo stesso non revochi in dubbio che quel diritto è sottoposto, nell’interesse comune e per la salvaguardia di valori superiori, a un regime di governo e controllo amministrativo, ancorchè significativamente snellito e semplificato dalle riforme introdotte”.
In definitiva questo chiarisce il grande compromesso che fu fatto al momento della stesura della Costituzione, in mediazione tra il diritto alla proprietà privata e quello della collettività, molto schematicamente tra le posizioni della DC e quelle del PC.
Ma allora perché si sono utilizzate le ortofoto? Semplice: se per fare una mappatura del territorio della Puglia con le ortofoto sono serviti sei anni, provate a immaginare quanti anni sarebbero serviti per realizzarla con sopralluoghi visivi sul posto. Sarebbe servito molto più tempo e nel frattempo il territorio sarebbe cambiato. Entrambi i metodi quindi portano con sé una serie di limiti. Forse è anche per questo che l’assessore regionale Barbanente si è espressa contrariamente in merito all’ipotesi di un ritiro del PPTR in attesa di intervenire subito dopo le osservazioni che – come detto – potranno essere consegnate alla Regione entro novembre.
Quel Piano Paesaggistico Territoriale che in tutta la Puglia sta suscitando la reazione di numerosi Comuni per Martina potrebbe avere un aspetto positivo, perché l’approvazione del documento PPTR servirebbe a dare una marcia in più al Documento Programmatico Preliminare (DPP) che il Comune di Martina sta realizzando e che costituisce il primo passaggio nel processo di formazione del PUG come previsto dalla Legge Regionale 20/2001. L’attuale strumento urbanistico del Comune di Martina Franca, nella sua definitiva redazione, fu approvato della Giunta Regionale con delibera n. 1501 del 5 marzo 1984. Tale strumento, attualmente vigente tuttora non adeguato alla L.r. 56/80 e al PUTT/PA, presenta le caratteristiche di un mero piano di espansione edilizia.
Nella sua relazione sulla Rigenerazione Urbana è lo stesso responsabile del procedimento, Arch. Michele Sgobba a scrivere che “Martina Franca è dotata di un P.R.G. approvato definitivamente nel 1984 a partire da una versione adottata il 17/08/1974. Il Piano vigente non è stato adeguato alla L.R. 56/80 e per tale ragione le varianti sostanziali consentite ai sensi dell’art.55 della medesima norma, possono essere esclusivamente relative a: nuove zone produttive di tipo P.I.P (piani insediamenti produttivi); oppure nuove zone per E.R.P. (edilizia economica e popolare). Ora la domanda è: come è possibile che con questa limitazione dal 1984 in poi si sia costruito tranquillamente, compreso edifici residenziali assolutamente non popolari?…boh…
Il Consiglio Comunale di Martina martedì prossimo dovrà esprimersi sulla Rigenerazione Urbana. Un provvedimento che in apparenza sembra abbastanza semplice, perché l’oggetto in trattazione sarà la discussione degli ambiti di intervento, ovvero verranno stabilite le aree sulle quali intervenire, anche sanando una serie di situazioni edilizie attualmente bloccate. Ma come verranno messe in connessione queste aree tra di loro? Quali infrastrutture verranno realizzate? Quali strade? Quali piazze, quali aree a parcheggio? E con quali servizi? Su queste domande, invece, si aprirà la vera discussione politica e partecipativa per capire quale futuro si vuole costruire per la città.
Ottavio Cristofaro