A rischio il manifatturiero pugliese, Taranto la meno peggio – Lo Stradone

A rischio il manifatturiero pugliese, Taranto la meno peggio

L’artigianato manifatturiero pugliese vacilla sotto i colpi della crisi. Le aziende chiudono, la produzione è quasi ferma, la domanda interna è scarsa, le esportazioni frenano e l’erogazione del credito è sempre più rarefatta. Ma Taranto è la “meno peggio” in Puglia.

In quattro anni, dal 2009 al 2013, si sono perse, solo in Puglia, ben 2.360 attività manifatturiere, pari all’11,7 per cento in meno. Ce ne erano 20.146. Oggi sono 17.786. Rappresentano il 23,6 per cento circa della totalità delle imprese artigiane (75.376). Taranto nel periodo ne ha perse solo 99 di imprese pari al 6%, sono 1.544 erano 1.643.

È quanto emerge dalla prima indagine congiunturale sull’artigianato manifatturiero, condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia.

In particolare, in Puglia, le ditte e le società che si occupano di «confezioni di articoli di abbigliamento» sono crollate del 27,9 per cento. Erano 2.668, oggi sono 1.923, con un saldo negativo di 745 unità.Taranto registra un saldo negativo del 12,8% con meno 18 imprese.

Le fabbriche di mobili sono diminuite del 24 per cento (da 915 a 695). Il saldo è negativo di 220 unità. In questo comparto sono comprese numerose attività che rappresentano quasi tutte le tipologie di mobili (soggiorno, letto, cucina, ufficio, materassi, eccetera), con una prevalenza per le poltrone e i divani. Taranto registra un saldo negativo del 15,1% con meno 8 imprese.

L’industria pugliese del legno e dei prodotti in legno e sughero conta 401 attività in meno, pari al 17,3 per cento in meno (da 2.313 a 1.912). Il settore comprende imprese che svolgono attività molto diverse tra loro: si tratta, in prevalenza, di produzioni di infissi o altri manufatti di falegnameria destinati all’edilizia a cui si affiancano altre lavorazioni che vanno dal taglio e la piallatura del legno, alla produzione di semilavorati sino alla fabbricazione di imballaggi. Taranto riscontra un saldo negativo del 14% con 25 imprese cessate.
Segue l’industria tessile che in Puglia ha perso 110 imprese, con un tasso negativo del 16,9 per cento (da 652 a 542). Taranto registra un saldo negativo del 19,4% con meno 7 imprese.

Le fabbriche di «altri prodotti della lavorazione di minerali» in Puglia sono diminuite del 9,7 per cento: da 1.276 a 1.152. Ce ne sono 124 in meno.
Taranto riscontra un saldo negativo del 9% con 13 imprese cessate.

Nella Regione si contano 329 fabbriche di prodotti in metallo (esclusi i macchinari) in meno rispetto a quattro anni fa (da 3.504 a 3.175). In termini percentuali, il 9,4 in meno. Racchiude, prevalentemente, le unità che operano nella produzione di elementi da costruzione affiancate da lavorazioni di trattamento e rivestimento del metallo; poco significativa la metallurgia. In questo settore Taranto lamenta un calo del 8,5% con 24 cessazioni.

Nello stesso quadriennio (2009-2013), il comparto regionale «stampa e riproduzione di supporti registrati» scende di 65 unità, pari al 7,6 per cento (da 857 a 792). Taranto assume un calo del 2,7% perdendo n. 2 imprese.

Le altre industrie manifatturiere sul territorio regionale si sono contratte, in media, del 6,7 per cento (da 2.003 a 1.869). Questo settore è residuale rispetto ai precedenti e, di conseguenza, è molto variegato: le produzioni più significative sono quelle della lavorazione di minerali non metalliferi (vetro, ceramica, pietre) e della carto-tecnica (stampa e lavorazione della carta e del cartone). Da segnalare anche quelle della produzione di attrezzature mediche e dentistiche, delle lavorazioni di gioielleria e oreficeria, dell’installazione, manutenzione e riparazione di macchinari industriali.A Taranto assistiamo ad un calo del 4% con meno 8 imprese.

Stabile, tutto sommato, il settore alimentare che in Puglia «perde» appena l’uno per cento ed è, in termini assoluti, il più rappresentativo (3.179 attività) mentre a Taranto registra un saldo positivo del 3,6% con 13 imprese in più, unica provincia pugliese a crescere.

L’unica nota positiva pugliese riguarda la «riparazione, manutenzione ed installazione di macchine» che registra una performance del 35,1 per cento, con un saldo attivo di 217 unità (da 618 a 835), con Taranto con un più 28,6% e 14 imprese.

Non rientrano nel manifatturiero, ma raggruppano numerose attività artigianali le cosiddette attività dei servizi alla persona che sono aumentante del 5,1 per cento (da 9.572 a 10.063). Raggruppano le lavanderie, tintorie e pulitura di articoli tessili e pelliccia, gli acconciatori, i parrucchieri, i servizi di manicure, pedicure e altri trattamenti estetici, nonché i servizi degli istituti di bellezza e, più in generale, i centri per il benessere fisico (esclusi gli stabilimenti termali). E poi ancora le attività di sgombero di cantine, solai e garage, le attività di tatuaggio e piercing, le agenzie matrimoniali e d’incontro, i servizi di cura degli animali da compagnia (esclusi i servizi veterinari) sino alle organizzazioni di feste e cerimonie.In questo gruppo la provincia di Taranto consegue un più 5,1% con 61 imprese in più.

Nel complesso, però, gli indicatori congiunturali più rappresentativi dell’artigianato (produzione, ordinativi e fatturato) evidenziano segni negativi, con un netto peggioramento negli ultimi trimestri.
Le difficoltà di mercato hanno indotto numerose imprese ad avviare processi di trasformazione orientati verso produzioni a valore aggiunto maggiore. Negli altri casi, invece, si assiste ad una riduzione dell’attività produttiva in termini di volume della produzione e addetti impiegati.