La musica e il suo mistero nell’intervista a Giuliano Guidone – Lo Stradone

La musica e il suo mistero nell’intervista a Giuliano Guidone

Cosa ci porta ad apprezzare, preferire, una certa musica? Perché sentiamo che una musica ci appartiene quasi fosse in grado di svelare qualcosa di profondo che vive nel mistero della nostra stessa interiorità? Ho cercato di capire un po’ più di questo mistero intervistando Giuliano Guidone, giovane e brillante pianista ospitato presso l’associazione “Il parnaso delle muse” che, anche quest’anno, non ha smentito il gusto per la qualità e l’eccellenza, accogliendo grandi artisti.

«La musica ha senz’altro un potere misterioso. Per quanto esista da secoli una teoria degli affetti, è difficile spiegare razionalmente perché ascoltando un brano di musica si provino certe sensazioni, delle musiche ci colpiscano più di altre, o perché una serie di segni a prima vista insignificanti possano muovere le nostre passioni. L’interprete ha proprio il compito di decifrare questo codice che è la partitura e cercare di porgerlo in modo da far rivivere l’opera e “spiegarla” al pubblico, filtrata però attraverso la sua personalità e sensibilità.
Purtroppo la musica a scuola ha un ruolo marginale, lo dimostra il fatto che il suo insegnamento è fondamentalmente relegato alle scuole medie inferiori. Sono del parere che la musica dovrebbe accompagnare la formazione dei ragazzi lungo tutto il percorso di studi dell’obbligo. Ma quello che più mi amareggia è il disinteresse mostrato dai mezzi di comunicazione, la televisione specialmente, che ha quasi bandito concerti, trasmissioni musicali, programmi divulgativi dal suo palinsesto; col risultato di allontanare le nuove generazioni dalla musica colta, e il rischio sempre più concreto di arrivare all’estinzione del pubblico.»

Come ha capito che la musica lo aveva scelto? O preferisce affermare che è stato lei a sceglierla?

«Né l’uno né l’altro direi, sicuramente una certa predisposizione si è manifestata sin da piccolo; predisposizione che ha ben presto preteso studio e sacrifici costanti, e un ascolto quotidiano della musica. Ma il mio è stato un cammino graduale, fatto anche di incertezze e ripensamenti.»
La musica mi porta a pensare a delle ambivalenza: il particolare e all’universale, per esempio. Nella composizione ed esecuzione c’è l’identità particolare, originalissima dell’artista e, nello stesso tempo, c’è il richiamo all’originarietà, alla dimensione universale dell’essere umano. Per questo la musica è, a mio avviso, lo strumento più formidabile di educazione alla pace e alla tolleranza, oltre la retorica delle enunciazioni… Che ne pensa?

«Non c’è dubbio che la musica sia un linguaggio universale in grado di essere compreso e apprezzato ovunque. È un grandissimo mezzo che riesce a far comunicare genti diverse, culture diverse, anche diametralmente opposte. Basti pensare a Daniel Barenboim, che nella West-Eastern Divan Orchestra da lui fondata, è riuscito a far convivere musicisti israeliani e palestinesi, dimostrando così che la musica va ben oltre le divergenze politiche.»

Cosa si prova durante l’interpretazione di un brano? Immedesimazione, fusione, dialogo sonoro o tutto questo è vissuto in un’alternanza che è anche il distintivo originalissimo di chi interpreta?

«Quello a cui si tende è, come giustamente dice lei, l’immedesimazione totale con ciò che si suona, il sentirsi un tramite diretto, un mezzo attraverso cui poter far rivivere una composizione e far fluire la musica. Questo non accade sempre, perché in un’esibizione dal vivo bisogna sempre fare i conti con i fattori contingenti, lo stress, la tensione, la preoccupazione di suonare in un ambiente nuovo, ecc.
La musica è un modo che ho di esprimermi, per me il più completo rispetto agli altri linguaggi, e che può darmi, nell’esecuzione di un brano, sensazioni di grande benessere e appagamento ma anche frustrazione e insoddisfazione.»

Se volesse definire se stesso come artista con una metafora, un aggettivo o un’espressione, quale utilizzerebbe?

Artista è una parola fin troppo abusata negli ultimi tempi. Per quanto mi riguarda, la adopero sempre con una certa parsimonia. Ecco perché, di fronte a una domanda del genere, non saprei come rispondere, se non definendomi come un musicista che si accosta all’arte in maniera rispettosa, cercando di dare il meglio di se stesso, conscio dei propri limiti ma disposto a ogni sacrificio per superarli. Convinto che qualsiasi musicista traspone nella musica che suona la sua personalità e il suo carattere, il suo temperamento e la sua sensibilità.

Annalisa Scialpi