Sulla copertina del recente testo di Agostino Convertino “La Serenissima Repubblica della Franca Martina” domina la significativa immagine di un dipinto di Enza Zizzi.
I simpatici signori che, in un clima di bucolica serenità, sono insieme per giocare a carte e bere un bicchiere di buon vino nostrano, quello giallo paglierino, leggermente frizzante, catarchico e salutare per il cuore e la mente, costituisono l’essenza della martinesità: esprimono infatti arguzia, capacità di prolungata osservazione e riflessione, capacità di ascolto prolungato, modo ironico e saggio di rapportasi alla vita e di accettarne le difficoltà ed il rigore senza fragilità.
Ma anche la bottiglia moderna, invece del boccale antico ed i bicchieri antichi invece che moderni, al centro della scena e l’accecante bagliore della facciata incalcinata, priva del protettivo, ombroso pergolato, ci inviano un altro forte messaggio.
È quello di non dimenticare le competenze contadine, la saggezza dei nostri avi, il sapore specialissimo del vino nostrano. I trulli privi del pergolato e di ondulate distese di viti perdono il loro fascino.
La valle d’Itria sempre più privata da tali elementi, perde la sua forza attrattiva, la sua stessa identità e stronca le proprie radici da un passato che le offre ancora linfa vitale. Occorre organizzarsi in modo diverso, più moderno, più consapevole, più imprenditoriale garantendo nel settore agricolo posti fissi in ogni stagione dell’anno e quindi non dimenticando i saperi dei nostri Avi (trullari, parietari, potatori, esperti in giardinaggio, esperti viticultori,fabbri,falegnami, ,creativi foggiatori di sagomeartistiche di piante ,ecc. )
Se li dimenticheremo perderemo la nostra identità e la Valle d’Itria non attirerà più tanti turisti poichè sarà senz’Anima, senza Vitalità e Pace bucolica, senza Bellezza.
Teresa Gentile