Perché i cattolici passino dalle parole ai fatti… – Lo Stradone

Perché i cattolici passino dalle parole ai fatti…

MARTINA FRANCA – Sedie vuote. Tristemente. Settecento anni festeggiati con l’ennesima sconfitta per la città. Una città che apparentemente ha preso il colpo con la dignità di un pugile, ma che non sa ancora capire se è al tappeto o ancora in piedi. Le ultime settimane, precedenti la caduta dell’amministrazione Palazzo erano state segnate da cittadini che segnalavano un disagio, da diatribe interne ai gruppi politici, da un’aria pesante nelle aule di Palazzo Ducale.
Una situazione delicatissima che però forse non era davvero prevista così in rapidissima evoluzione con l’effettivo raggiungimento di 16 firme per lo scioglimento del Consiglio e l’arrivo del Commissario prefettizio. Un Pdl spaccato, concordi per cambiare direzione alla città, l’incognita del commissariamento, il blocco della politica. Nell’anno dei 150 anni dell’Unità nazionale a Martina manca la vera unità di intenti, che è quella dei cattolici. Una diatriba enorme, una speranza bruciata sempre e comunque, una impossibilità a costruire verità. E’ sotto gli occhi di tutti un sentore di impotenza, di blocco delle idee.
Sua Eccellenza rispondendo ultimamente a una lettera di 59 firmatari (lettera che nella critica all’amministrazione desiderava costruire, chiedendo un intervento del mondo clericale) ha detto le paroline magiche che potrebbero dire molto di più di centinaia di omelie e di tantissime pagine esegetiche: dottrina sociale della Chiesa.
Occorre non fermarsi all’apparenza del fenomeno politico che per vari anni si è presentato nei consigli comunali di casa nostra. Un fenomeno fatto di rimbrotti, di lotte, di composizioni di Giunte municipali e tecniche, da blocchi imposti al sindaco, da blocchi imposti da idee diverse anche nelle stesse coalizioni.
È da studiare come il partito che candidò Palazzo ora sia stato quello che è fra i firmatari dello scioglimento. Ma è anche da studiare l’atteggiamento solo ostruzionistico di alcuni, e di pacificazione di altri. Insomma un melting-pot di straordinaria melmosità, di disconoscimento di cosa significhi davvero politica.
Quando l’Unità fu fatta il Sud era pervaso dalla presenza di posizioni parapolitiche particolari. Personaggi come Garibaldi, Mazzini hanno popolato le nostre vie, così come la data venti settembre. A indicare la cancellazione di pensieri che, prima di altri, erano balenati nelle menti di pensatori di orientamento cattolico. Dalla Carboneria, passando alla Giovine Italia, ai sogni di libertà che uscivano dalle catacombe dell’oppressione, il modello era di un fare sotterraneo che si amalgamava al fenomeno unità. Un fare nascosto, in sottofondo, che potremmo indicare come massonico. Non so quanto questo fare sia presente a Martina, quanto incida sulla paralisi amministrativa. Se il termine appare duro, potrebbe bastare chiedere ai cittadini: in molti vi direbbero che nelle segrete stanze di Palazzo Ducale poteri forti si annidano, tendono a bloccare idee vere e serie. Pensando alle vie della politica di Martina Franca mi imbatto nel buio delle scelte da fare per la città. La luce s’è spenta. Un anno di sospensione del giudizio. Un anno dove tanti arriveranno a chiedere voti, un anno forse con pochi progetti, con l’incognita dei movimenti d’opinione teleguidati “facebookiani”. Un anno dove in primis ai cattolici sarà chiesto di dire: costruiamo una città più bella! Il termine massoneria usato non vagheggia presunte logge segrete, presunti accordi sottobanco, ma il blocco operato nei confronti dei cattolici che devono impegnarsi in politica. Il fare martinese è quello di individuare la facciata buona, portarlo nel proprio ovile, elogiarlo, presentarlo come il volto buono e gioioso e poi buttarlo via post-elezioni.
Il timore è quello che dalle aule delle sacrestie si decida di non fare nulla, di pensare che solo lo spirituale valga.
Non facciamoci schiacciare da gerontocrazie, da promesse lavorative in cambio di voti, dall’allodola di cene elettorali. Il precariato non è la forma con cui chiedere la sostanza del voto. Un cuore che batte è sempre più forte nel rumore di una voce che bisbiglia, i valori nostri sono più forti di chi ci deride e porta alla sottigliezza delle scelte del fare senza progetto. I giovani preparati a Martina ci sono. Stiamo “cacciando” le nostre intelligenze perchè qui lavoro non ce n’è, come la speranza che si perde nei rivoli di una falsa carità di facciata. Onestà significa costruire le premesse e non solo fare promesse. La situazione a Martina richiede appunto la primavera della politica dei cattolici in campo e le parole del Vescovo non saranno disperse.

Antonio Cecere