“Occorre un nuovo PRG”: interviene “La città possibile” – Lo Stradone

“Occorre un nuovo PRG”: interviene “La città possibile”

Si riporta di seguito una nota a firma di Giancarlo Mastrovito Presidente dell’associazione “La Città Possibile”:

L’associazione “La Città Possibile” manifesta tutta la propria preoccupazione per alcuni interventi edilizi in corso su aree destinate a servizi (D.M. 1444/68) dal Piano Regolatore Generale (di seguito definito P.R.G.) di Martina Franca.
A tal proposito si prende spunto da un cantiere in corso, in via D’Enghien, con lavori su area destinata a servizio, per evidenziare alcune considerazioni di ordine generale proprio sul rischio che corrono queste aree a seguito di pressioni esercitate dai proprietari per renderle edificabili, per la maggior parte, con finalità residenziali.
La scadenza quinquennale dei vincoli dei piani particolareggiati, più volte reiterata, e la mancanza, negli anni, di una politica urbana per l’acquisizione delle aree, da parte della amministrazione comunale, ha esposto le aree destinate a standard a ricorsi amministrativi da parte di privati, che rivendicano la ritipizzazione a scopi edificatori.
Innumerevoli, infatti, sono gli esempi in cui il T.A.R. ha riconosciuto il diritto privato a edificare, a scopi residenziali, aree a servizio o aree a verde pubblico (esempi sono la parte dell’area a verde e servizio zona Votano, parte dell’area a servizio adiacente alla stazione ferroviaria) a seguito di scadenza vincoli.
Così come ci sono stati altri casi in cui, con procedimenti particolari di variante urbanistica, si sono trasformate aree a verde pubblico in aree destinate a zona alberghiera (albergo Villa Rosa) o in centri antennistici di telefonia mobile (TIM) come nel caso dell’area di viale Europa.
Bisogna ricordare che questa città possiede ancora un P.R.G. che dopo varie vicissitudini è stato approvato definitivamente dalla Regione Puglia nel 1984, pur non possedendo, già in fase di approvazione, i requisiti che la L.r. 56/80 richiedeva e con una dotazione di aree a standard già allora sottodimensionata (17 mq/ab invece che 18 come previsto dal D.M. 1444/68) rispetto ai limiti minimi di legge.
A questo deve aggiungersi una gestione attuativa del P.R.G. da parte della Pubblica Amministrazione parecchio allegra che ha visto incrementare gli indici edificatori di alcune aree di espansione, considerate alla stregua di zone di completamento, di quasi il doppio da 5 mc/mq a 9 mc/mq, attraverso i cosiddetti “planovolumetrici”, senza corrisponderne, quantomeno, un bilanciamento in termini di aree a servizio per il maggiore carico urbanistico.
Così come si deve tener conto di un quartiere residenziale, costruito, al di là di via De Gasperi e al margine del vincolo cimiteriale, in zona agricola e con un piano particolareggiato mai mandato alla Regione Puglia per la sua approvazione in variante al P.R.G. vigente e con aree a servizio di quartiere scaricate nella zona Ortolini.
Pesante, infine, il bilancio degli effetti di una edilizia di sostituzione che laddove realizzata ha determinato un incremento dei carichi urbanistici, poiché non coadiuvata da nuove aree a servizio, e da interventi edilizi qua e là non programmati.
Insomma un sovraccarico edilizio piuttosto grave che si manifesta, in tutta evidenza, nella precaria disponibilità di infrastrutture urbane (viabilità in primis), dei servizi alla città (appunto sulle aree a servizio) e nella caotica organizzazione urbana che impedisce il perseguimento di qualunque livello di qualità.
In tale condizione appare molto evidente cosa significherebbe perseguire ancora nella edificazione delle aree a servizio e quale ulteriore compromissione determinerebbe la ulteriore erosione di tali aree, appositamente tipizzate.
Le aree destinate a standard ancora libere non solo devono essere acquisite e utilizzate con le previste destinazioni di servizio, ma rappresentano una risorsa preziosa e insostituibile laddove si volesse immaginare l’avvio di un percorso di qualificazione generale del tessuto della città, attraverso la spinta rigenerativa che solo queste aree potrebbero imprimere con il loro valore economico.
Infatti è solo attraverso la disponibilità di questi spazi che potrebbe avere ancora un senso parlare di rigenerazione urbana e avere la possibilità, così, di pianificare importanti processi di rigenerazione urbanistica in tutta la città.
Sarebbe invece assai riduttivo e superficiale sperare in rigenerazioni della città applicandosi semplicemente su piccolissimi spazi residuali, insignificanti nel valore delle trasformazioni benché disponibili.
Quindi non ci si può più permettere che ulteriori aree a standards del P.R.G. vengano edificate, come sin ora è successo, persino frantumandole per ricondurre l’unità minima di intervento nei limiti della proprietà catastale.
E’ proprio la totale inerzia comunale nel programmare e pianificare nuovi strumenti urbanistici e nella fattispecie un nuovo piano urbanistico generale, che diviene grave elemento di responsabilità che induce gli operatori edili, in assenza di nuove aree edificabili o di piani di trasformazione urbana o di qualsivoglia opportunità di operatività, a inseguire formule di intervento estravaganti, come l’edificazione a scopi residenziali delle aree a servizio ancora rimaste.
Bisogna ricordare che dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999, riguardante la necessità di indennizzare i proprietari di aree a servizio a seguito di eventuale reiterazione di vincoli, i Comuni avrebbero dovuto prendere sul serio la questione e approvare nuovi strumenti urbanistici dotati di meccanismi perequativi, per evitare procedimenti di esproprio e per fronteggiare le legittime richieste di indennizzo dei privati.

Giancarlo Mastrovito
Presidente “La Città Possibile”