La sede dell’agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla mafia sarà a Reggio Calabria. Lo ha detto il 7 gennaio il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nel corso della conferenza stampa in Prefettura che si è tenuta a pochi giorni dallo scoppio di una bomba davanti alla sede della Procura generale e al termine di un vertice con i responsabili delle forze dell’ordine e della magistratura. “Si punterà – ha detto il ministro Maroni – ad aumentare l’efficacia dell’aggressione ai patrimoni mafiosi; nei 18 mesi di governo, il patrimonio sequestrato complessivamente alle mafie ammonta a 6,8 miliardi di euro e per gestire questa ingente quantità di beni abbiamo deciso di costituire proprio a Reggio Calabria l’Agenzia nazionale per i patrimoni sequestrati”.
Una scelta significativa. L’associazione “Libera”, afferma al SIR il referente per la Piana di Gioia Tauro, mons. Pino Demasi, ha ritenuto da “sempre che l’Agenzia sarebbe potuta essere una realtà importante per la lotta alle mafie”. Essa è “soprattutto uno strumento idoneo per rendere più efficace, veloce e incisiva la legge sulla confisca dei beni dalla fase del sequestro a quella della destinazione d’uso. Chiaramente mi sembra importante in tal senso che l’Agenzia sia veramente strutturata in termini di concretezza ed efficacia e non in termini burocratici”. Anche l’eventuale scelta di Reggio Calabria come sede, spiega il sacerdote che è anche vicario generale della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, “mi sembra importante e significativa. Vuole essere, infatti, segno di una presenza forte dello Stato in un territorio difficile quale la Calabria in generale e la provincia di Reggio Calabria in particolare, dove l’aggressione ai patrimoni criminali si sta dimostrando sempre più uno strumento efficace per sconfiggere la ‘ndrangheta”. L’importante però, per mons. Demasi, “è che le promesse del ministro Maroni vengano mantenute e non siano solo frutto di una reazione emotiva dinanzi ad un evento negativo. È importante che si metta veramente mano, non solo all’Agenzia, ma a tutto un piano antimafia, per ora solo annunciato dal governo, che contenga modifiche normative e interventi organizzativi”. In modo particolare, spiega mons. Demasi, “non dimentichiamo che oltre allo strumento dell’Agenzia, altri strumenti attendono da tempo di essere varati e non dovrebbero attendere altri eventi eclatanti come la bomba di Reggio Calabria, per essere proposti. Pensiamo al campo delicato degli appalti, all’obbligo di denuncia del racket, alla possibilità di utilizzare pienamente l’archivio dei conti e dei depositi per le inchieste antimafia e la copertura degli organici dei magistrati”. E ancora alla norma approvata nella Finanziaria 2006 che prevede “la confisca dei beni ai corrotti e il loro riutilizzo ai fini sociali e di cui non sappiamo più nulla. Su questi punti – conclude – non bisogna né fare piani straordinari né aspettare altri eventi negativi”.
Un’esigenza non più procrastinabile. La proposta del ministro Maroni risponde ad “un problema che, negli ultimi anni, è diventato sempre più grave a causa delle difficoltà incontrate nella destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali”, afferma Salvatore Martino, direttore della scuola socio-politica della diocesi di Rossano-Cariati: “Se si tiene conto del fatto che il valore complessivo di questi beni si aggira ormai attorno ai 6 miliardi di euro, ci si rende conto che la creazione dell’Agenzia gestita a livello nazionale risponde ad un problema obiettivo e ad un’esigenza che non può più essere procrastinata”. Per Martino, infatti, l’attuale sistema, proprio “a causa dell’enormità dei beni sequestrati, non è più in grado di garantire lo scopo prefissato dalla legge, che è quello di togliere alla criminalità e restituire allo Stato e, tramite esso, alla comunità i beni che indebitamente sono stati accumulati attraverso la violenza, le minacce e il sopruso”. Per Martino, “ciò che ci si aspetta dal governo, in questo frangente, è un chiaro messaggio e una scelta di campo a favore della legalità e del rispetto della legge”. L’idea di situare questa Agenzia a Reggio Calabria, conclude, “mi sembra abbastanza opportuna perché contribuirebbe a dotare il territorio di strumenti importanti e di presidi di legalità di cui la Calabria ha urgente bisogno. La mafia si combatte attraverso la partecipazione al costume democratico ma anche attraverso la presenza di avamposti dello Stato visibili e operanti sul territorio. Purtroppo, le tristi vicende di tutti questi anni, ci insegnano che quasi sempre i provvedimenti contro la mafia o sono stati inefficaci o sono arrivati sempre tardi; questa volta, mi auguro che il tutto avvenga con ampi margini di celerità e di efficacia”.
Alcuni dati. Secondo i dati della relazione annuale del commissario di governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali, al 30 giugno 2009 i beni immobili confiscati erano 8.933. L’83% si trova nelle quattro Regioni meridionali, con una netta prevalenza della Sicilia al 46%, mentre Campania e Calabria si attestano rispettivamente intorno al 15% e 14%, la Puglia all’8%. Il restante 17% è concentrato prevalentemente in Lombardia e nel Lazio. Su 8.933 beni immobili confiscati 5.407 (pari al 60,5%) sono stati destinati: il restante 14% è stato mantenuto dallo Stato per fini istituzionali.