Pacco bomba alla Bocconi di Milano – Lo Stradone

Pacco bomba alla Bocconi di Milano

Esplode un pacco bomba all’università Bocconi di Milano. Uno scoppio parziale dovuto ad un difetto nella costruzione. E’ deflagrato solo l’innesco dell’ordigno costruito con un tubo riempito da due chilogrammi di dinamite, viti e bulloni, regolati da un timer e abbandonati all’interno di una nicchia in uno dei corridoi tra l’edifico di Via Sarfatti e la scuola di Management dell’ateneo. Un’azione che il ministro dell’Interno Roberto Maroni ritiene “da non sottovalutare”. “Avrebbe potuto provocare danni ingenti alle cose”, hanno detto gli analisti della Digos.

La rivendicazione. Una lettera della Fai, la Federazione anarchica informale, ha rivendicato l’attentato. In un volantino depositato questo pomeriggio nella cassetta della posta della redazione milanese del quotidiano Libero, le “Sorelle in armi – Nucleo Mauricio Morales/FAI”, annunciano la campagna terroristica contro la politica del governo per l’immigrazione”.

Il volantino. Sotto il titolo “Fuoco ai Cie”, i centri di identificazione ed espulsione, gli anarchici scrivono: “Chiudete subito i centri di espulsione o inizierà a scorrere il sangue dei padroni”. Usano un lessico violento, tipico dei bollettini delle formazioni terroristiche: abbiamo scelto la Bocconi perché è “un avamposto dove si formano i nuovi apparati del capitale, dove si affilano le armi che taglieranno la gola agli sfruttati. Con questa prima azione condividiamo semplicemente i rischi che sorelle e fratelli migranti vivono quotidianamente sulla loro pelle”.

La frase di De André. E’ trascritto il giorno e l’ora in cui sarebbe scoppiato l’ordigno, e una frase tratta dalla canzone “Il bombarolo” di Fabrizio De André: “Chi non terrorizza si ammala di terrore”. Sotto la firma, uno “smile” disegnato a penna.

“Sembrava un corto circuito”. Il timer del pacco bomba era sincronizzato sulle 3 della scorsa notte.
L’ordigno era piazzato in un corridoio che a quell’ora di notte era chiuso: “Non potevano esserci danni alle persone”, ha assicurato il rettore Guido Tabellini. Dapprima lo scoppio è stato scambiato dal custode dell’università per un corto circuito ma l’intervento degli artificieri della polizia ha svelato la vera natura della deflagrazione. I danni provocati sono rimasti contenuti ma solo perché un difetto nella costruzione ha evitato la detonazione della dinamite.

Busta esplosiva. Stessa firma, “Federazione Anarchica informale”, era apparsa una settimana fa su una busta contenente un portafoglio imbottito di polvere esplosiva, deflagrato sulla scrivania di Luigi Del Ciello, direttore del Cie di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) che si è accorto del pericolo ed ha allontanato in tempo l’ordigno.

“FAI sigla attiva”. La procura di Milano ha aperto un’inchiesta sul pacco bomba alla Bocconi. Per ora l’indagine è contro ignoti, ma la Fai che ha rivendicato i due attentati è ritenuto dai Servizi segreti una delle “sigle più attive nel recente panorama eversivo”, soprattutto “nelle regioni del centro-nord”.

Attentati dal 2003. La Federazione anarchica informale – che aveva firmato anche le scritte contro il commissario Calabresi comparse lo scorso maggio sui muri di alcuni edifici a Torino – venne alla ribalta nel dicembre 2003, quando rivendicò gli attentati con pacchi bomba all’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi.

Obiettivi caserme e carceri. Attribuite alla stessa sigla anche le azioni criminose nei confronti del presidente della Banca centrale europea ed alle sedi di Europol ed Eurojust. Negli anni successivi si è resa responsabile, in associazione con sigle diverse, dell’attentato alla caserma della Polizia a Genova-Sturla, in altre caserme dei carabinieri a Milano e in quella del Ris di Parma; contro la casa circondariale di San Vittore e un’agenzia di lavoro interinale.

Contro i CIE. Carceri e Centri di identificazione per immigrati sono tradizionalmente obiettivi dell’azione anarco-insurrezionalista. Plichi esplosivi rivendicati dal Fai vennero inviati, nell’aprile del 2004, agli allora vertici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e successivamente al direttore di un’associazione che opera presso il Cpt di Modena e al sindaco di Torino Sergio Chiamparino.

Fonte: La Repubblica