Lezioni bloccate alla Facoltà di Lettere e Filosofia da ieri. Scienze politiche segue a ruota. Giurisprudenza sta organizzando lezioni nelle piazze di Genova, dalla prossima settimana, sul modello già realizzato a Firenze, con i docenti e gli studenti che spiegano ai cittadini il tracollo che stanno rischiando gli atenei italiani e quello genovese in particolare. Alla Facoltà di Lingue alcune lezioni non sono proprio ancora cominciate, perché il problema dei precari ha rallentato l´inizio dei corsi. Ingegneria, Economia, Medicina stanno cominciando ad organizzarsi.
Erano in mille, ieri mattina, alle 11, nell´atrio di Balbi 5, il palazzo del Rettorato. “Fuori la precarietà dall´Università e dalle nostre vite”, perentorio, lo striscione. Il blocco della didattica, già scattato alla Facoltà di Lettere (tutte le lezioni sospese a Balbi 2, 4 e 6) dalle nove del mattino, è stato poi “imposto” dal corteo degli studenti alla Facoltà di Giurisprudenza. Attimi di tensione, proprio alle 11, nell´aula magna, mentre appena prima era addirittura spuntato un fumogeno. Il professor Vito Piergiovanni spiega, al microfono. Irrompono i ragazzi: «Fuori, fuori», urlano ai compagni che, attoniti, in più di cento, alzano curiosi lo sguardo dagli appunti.
Al professore viene preso il microfono, lui tenta di trattenerlo: la colluttazione è solo sfiorata, scongiurata dal tempestivo arrivo del preside Paolo Comanducci. «La lezione è sospesa», urla uno studente. «Va bene, è sospesa», fa eco Piergiovanni e se ne va. Comanducci è allibito: «Riconosco e condivido le motivazioni della protesta, ma non posso condividere il modo con cui sta avvenendo. Potevamo parlarne prima, avremmo trovato una strada insieme». C´è Francesco Surdich, vicepreside di Lettere (e preside dal primo novembre) che segue il movimento, non perde una tappa. C´è il professor Piero Conti, membro del senato accademico: «Lo stato di agitazione va tenuto fino alla fine del mese, quando sapremo le sorti dell´emendamento “ammazzaprecari”. Tutti i docenti si stanno rendendo conto che, tra dieci anni, la scuola e l´università pubblica non esisteranno più».
Il movimento non si ferma, espugnata l´aula magna, si prosegue con altre aule. Il professor De Santis accoglie l´irruzione con calma, parla con gli studenti, condivide la necessità e l´urgenza di farsi sentire. Il paradosso a quarant´anni dal Sessantotto sono gli studenti, pochi, che vogliono rimanere in aula e litigano con gli “intrusi”. E´ quasi mezzogiorno e le invasioni di aula puntano sulla Facoltà di Scienze Politiche. Qui, gli studenti tra i banchi (ma anche qualche docente) stanno solo aspettando chi li venga a liberare e confluiscono nel corteo.
C´erano il preside di Lettere, Michele Marsonet, e molti docenti della Facoltà, intorno al capitello, nell´atrio di Balbi 4, che dalle nove di ieri mattina è usato dagli studenti come pulpito per parlare all´assemblea permanente.
«Non sono d´accordo con le modalità della protesta, ma condivido le motivazioni», ribadisce Marsonet. Come poi viene ripetuto in un documento prodotto, nel pomeriggio, dalla giunta di presidenza e nel quale si invitano i docenti di tutte le Facoltà e Rettore a partecipare ad un´assemblea convocata per venerdì. Ieri, nel pomeriggio, a Lettere i lavori sono proseguiti con un´assemblea cui sono aumentate le partecipazioni di studenti di tutte le altre Facoltà. «Da domani si lavorerà a dividerci in gruppi e portare informazione e creare mobilitazione nelle altre sedi dell´Ateneo», annunciano gli studenti.
Michela Bompani
Fonte: La Repubblica